Torna il festival “Col favore di Minerva” il festival giunto alla terza edizione di musiche e culture popolari. Ne abbiamo parlato con il regista Edoardo Winspeare, direttore artistico del Castello di Tutino.

Col favore di Minerva giunge quest’anno alla sua terza edizione. Un evento importante per che parla al territorio tenendo salda l’identità tradizionale salentina. Come nasce l’idea?

 Il festival nello specifico è di musica salentina e mediterranea. La musica salentina ha avuto influssi dalla Grecia, dalla Spagna, dagli arabi e dai turchi, così come tutte le musiche che sono state il risultato di influenze e contaminazioni. Quindi si dirà, perché dopo la notte della Taranta c’è anche questo? Intanto perché nel 1994 a Tutino facemmo una grande festa, perché tutto quel movimento di riscoperta della musica, la riscoperta della pizzica è nato in queste zone di qui, a Tricase, a Novaglie, a Depressa, che noi chiamammo “Il tempo della festa”. Molto fu fatto grazie al lavoro di Zoé nel quale ero coinvolto anch’io. Quindi ora ci teniamo a ripetere questa esperienza in maniera molto più organizzata, all’epoca fu tutto molto più spontaneo. Nel tempo poi saranno coinvolti sempre di più persone e gruppi, lo scorso anno abbiamo invitato dei musicisti turchi, inviteremo gruppi spagnoli e greci, marocchini, insomma tutta l’area mediterranea, sempre avendo un occhio speciale alla musica salentina, perché il Salento è ormai diventato la nuova Andalusia della musica popolare italiana. È importante ricordare che il nome nasce dalla epigrafe, presente all’ingresso del castello, che il barone fece incidere sulla facciata principale della fortezza. Qui si legge infatti in latino “Luigi Trane…. col favore di Minerva… lo eresse (il castello) fin dalle fondamenta e lo destinò ai propri discendenti”. Favente Minerva, Col favore di Minerva, dunque.

Il Castello diventa un nodo centrale per la musica popolare, quale futuro per il progetto?

Il Castello di Tutino vuole diventare un centro culturale dove unire il piacere degli occhi, piacere dell’ascolto, il piacere del parlato anche. Quindi sensualità ed arte prima di tutto, che poi l’arte ha a che fare con la sensualità, l’arte tocca i sensi perché emoziona; in qualche modo nell’arte c’è l’erotismo, la vista, la bellezza. La programmazione del castello non sarà solo musica popolare ma c’ è e ci sarà anche del jazz. La musica popolare per me è molto importante perché prima era qualcosa di relegato alla festa delle parrocchie, paradossalmente non era popolare. La musica popolare è invece il cordone ombelicale che lega un popolo alla sua terra, come lo sono “i canti alla stisa” o quelli in griko. Sono importantissimi e dobbiamo tutelarli.

Qual è stato il riscontro ottenuto nel tempo? Cosa ha distinto il festival da altri presenti sul territorio?

Il primo anno abbiamo fatto ben 95 eventi tra concerti, presentazioni, festival, dibattiti, presentazione teatrali. Il secondo anno abbiamo ridotto e quest’anno abbiamo pensato a meno spettacoli ma mettendo l’accento sempre sulla qualità. L’idea è che diventi un posto in cui la gente possa venire e iniziare jam session di jazz, di pizzica, improvvisazioni di stand up comedy. Mi piacerebbe che diventi un posto dove dei talent scout possano scoprire nuovi talenti, dunque non più solo attraverso la televisione o i social, ma proprio con il contatto. Per me è molto importante la fisicità, perché al Castello si mangia, si beve, si ascolta, si ride… dal vivo.

Il Castello di Tutino sta vivendo negli anni una rivoluzione culturale non indifferente: anche qui, quali sono le prospettive future?

Vorrei che il castello diventasse a tutti gli effetti un presidio culturale, è un’ambizione. Il castello inteso come un punto di riferimento dove andare sia per gli artisti ma anche per gli amanti dell’arte e della bellezza per poter vivere tutto quello che il castello racchiude.

E.T.